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Mi manchi da morire – Voce del Bearzi Dicembre 2017
- 15 Dicembre 2017
- Posted by: Giovanni Cassina
- Category: Voce del Bearzi

Una delle esperienze che più di altre ci fa cogliere il valore di qualcosa o di qualcuno è l’assenza. Ti accorgi della preziosità del fuoco quando il freddo ti congela all’osso così come rendi conto che una persona è cara quando si stringe il cuore al pensiero che non l’hai accanto. E chiedi, e chiedi ancora, come vivere la presenza nell’assenza.
L’assenza pesa gli affetti più cari con gli spasmi del cuore, lega con la nostalgia le anime lontane come stelle, si incunea tra gli interstizi della vita diventando lacrima e talvolta sommesso grido. È nel dolore dell’assenza che parole come “Mi manchi” a affiorano improvvise tra le onde del quotidiano. Vorresti soffocarle, ma l’assenza è più forte di te. E tu non puoi nulla. E rendi conto che di assenza si può morire.
Eppure di assenza si può anche vivere quando questa diviene la molla che fa salpare da porti, sicuri ma vuoti, per osare navigazioni rischiose alla ricerca di ciò che manca. Ma… quale presenza mi manca? Quali assenze gemono in me? Che nome hanno quegli spazi rimasti vuoti a tal punto da farci vivere in apnea e annaspare sott’acqua cercando di tornare a galla?
Ricordo un ragazzo partito alla ricerca di sua madre e ricordo una donna, in lacrime per la mancanza del suo uomo salito al Cielo troppo presto, che, come una giaculatoria incapace di sanare la ferita, diceva ansimando: “Mi manchi da morire”.
Oso pensare che l’incarnazione sia scaturita dal “dolore dell’assenza” che anche in Dio ha trovato dimora. È per il desiderio di riconquistare ogni uomo catturato dal male che il Cielo si è chinato sulla terra donandoci il Salvatore. In Cristo, l’espressione “Mi manchi da morire” si è fatta carne a Nazareth per compiersi sul Calvario. Il Natale scaturisce dal cuore del Creatore che pativa l’assenza della sua creatura al punto da decidersi di salpare verso l’umanità. Anche l’avventura di don Bosco nasce da un cuore che pativa per quelle anime private della presenza del Cielo. Viveva l’assenza di Dio nei giovani come un tormento. Don Bosco sapeva che è Lui che ci manca da morire quando in noi la vita cammina sul crinale, è Lui che cerchiamo quando niente di quello che troviamo ci soddisfa, è Lui quella Presenza a cui aneliamo per profumare ogni capitolo dell’esistenza.
Quali sono quelle assenze che come lame fendenti lacerano l’anima? L’atto educativo è vero se aiuta a scoprire quali presenze capaci di dare senso alla nostra vita mancano all’appello, è e efficace se mostra la strada per risanare quei vuoti che urlano, è sapiente se insegna che l’assenza è il grembo in cui concepire quelle presenze che colmano un’esistenza. E la voragine dell’assenza diventa paradossalmente un cibo prezioso. Giungere a dire “Mi manchi da morire” significa aver scoperto almeno un motivo per vivere. Se questo è vero, noi siamo il motivo di Vita di Dio, la presenza che Lui cerca. Sentirsi desiderati da Dio non è forse il regalo di Natale più bello che si possa sperare? Creature desiderate dal Creatore. “Mi manchi da morire”, dice Dio all’uomo. Questa sì che è vita!
Direttore – Don Igino Biffi